La stella nel pugno e Pioggia sporca:
Arrivano in libreria in occasione del 27 gennaio 2012, Giorno della
Memoria, due romanzi interessanti, destinati ai ragazzi più grandi e
anche Altro non siamo che voce, una raccolta di lavori
e testimonianze su "la storia e la memoria" a cura di una insegnante
di liceo.
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La
stella nel pugno di Robert Sharenow (Piemme Freeway), che
tratta una storia di lotta e riscatto sullo sfondo della Berlino
nazista, è un romanzo che parla di amore e di boxe pensato per il
pubblico adolescente.
Mette in scena la storia di un quattordicenne che non ha mai pensato
a sé come ebreo. La sua famiglia non è praticante, la sua vita
orientata come quella di un qualsiasi altro coetaneo.
A causa di un’eredità che non riconosce come sua, il ragazzo subisce
continue aggressioni. Pensa a un riscatto. Vuole dimostrare quanto
vale -lui, ebreo, che non ha mai pensato al fatto di essere ebreo-
agli occhi dei compagni ariani. L’occasione gli si presenta quando
può essere allenato da un campione mondiale di boxe ed eroe della
Germania nazista. Ma la situazione precipita, la violenza del regime
esplode e il ragazzo si trova nella drammatica contraddizione tra il
suo sogno di successo e il dovere di proteggere la sua famiglia…
Scrive l’Huffington Post: "La stella nel pugno che piacerà
anche al pubblico adulto, servirà per appassionare e per formare sul
tema del razzismo e della violenza, specialmente dopo il tragico
massacro dello scorso giugno in Norvegia.”
La
storia di Pioggia sporca (di Fabrizio Casa, Sinnos
editrice, collana Zonafranca per giovani adutli) ha inizio nel
nostro presente e sconfina nel passato: nel libro si parla di
olocausto, porrajmos, Gestapo, nazifascisti, di Pertini e di molti
italiani uccisi nel 1944.
«Commissario, lei sa che cosa significa Porrajmos?» - «Mai sentito.
È spagnolo?» - «Shoah invece lo conosce» -«Certo!» - «Porrajmos è
una parola degli zingari. Significa distruzione. È il termine che
indica la loro Shoah. Si calcola che nei campi di sterminio siano
morti più di mezzo milione di zingari».
Il protagonista di Pioggia sporca si chiama Salvatore
Mitraglia, un poliziotto di 28 anni, di stanza in un commissariato
“di trincea” di una metropoli. L’indagine che sta conducendo
sull’assalto a un campo rom lo porta a contatto con adolescenti
difficili, una ragazza rom ribelle, un sedicenne che solo il
pugilato tiene lontano da pericolose compagnie. Mitraglia scopre un
passato che accomuna i ragazzi protagonisti attraverso i loro nonni
che hanno lottato insieme contro il nazifascismo, abbattendo la
distanza tra gagè e zingari: un comune ideale ha fatto cadere
barriere e pregiudizi, in nome di un futuro migliore. È proprio quel
futuro che è costato il sacrificio di tante vite umane che spinge
Mitraglia a risolvere il caso, cercando in tutti i modi di
salvaguardare quelle giovani vite, altrimenti destinate a perdersi.
Alterna riflessione personale e dialogo, sceneggiatura e
testimonianza, il volume Altro non siamo che voce
della professoressa Loredana De Vita (Armando editore), strumento
pensato prevalentemente per gli allievi della classe del suo liceo
di Napoli, e per i ragazzi che lo leggeranno, in generale, dedicato a
il tema "la storia e la memoria".
Per "spiegare l'Olocausto", l'insegnante vuole coinvolgere gli
allievi, rendendoli "attori" della rappresentazione di un testo di
Elie Wiesel, La Nuit, da lei liberamente adattato: "un mio
tentativo - dice la De Vita - di far conoscere senza tacere nulla, ma
essere nello stesso tempo presenti in quello che accadde, quasi che
il ripetere le parole e i gesti dei tanti di allora possa farli
rivivere ancora oggi e farli parlare grazie alle voci giovani dei
miei alunni".
Sul palco, a fine rappresentazione, sale Alberta, Alberta Levi
Temin, 91 anni, ancora "testimone militante", nel suo prodigarsi
fra scuole e associazioni, per tramandare "la memoria" di "quello
che è stato perché non succeda più". Una espressione
consolidata e rituale, per condensare in un unico dire l'orrore del
passato e l'impegno a raccontarlo, oggi e nel futuro, in ogni futuro
a venire.
Colloquiale, semplice, diretta, serena davanti ai ragazzi, come lo è
davanti ai dotti disquisitori di passati e futuri, Alberta, che ha
raccontato molte volte la sua storia "perché si sappia e non accada
più", in questa circostanza, dice basta con la mia storia (alla quale
comunque è ricondotta dalle domande che le rivolgono gli astanti,
che vogliono sapere ancora una volta dell'angoscioso alternarsi di
disperazione e speranza, che la portò a ricongiungersi con la sua
famiglia), devo raccontarne altre. E intervalla le altre storie che
racconta con richiami alla rappresentazione che c'è appena stata: a ciò che si è appena
visto nella recita dei ragazzi, integrandolo con altre terrificanti informazioni.
Per esempio, quell'episodio dell'odioso inganno della raccolta
dell'oro a Roma nell'ottobre del 1943 (50 kg di ricatto: se non c'è
l'oro ci porteremo via 200 giovani). I nazisti si presero l'oro e
si presero anche i giovani. Non solo. Bambini, donne, vecchi, ragazzi fecero la
stessa fine. Partirono per Auschwitz. Arrivarono ad Auschwitz.
Le parole di Alberta: "... era notte il 22 sera.... li hanno fatti
scendere il 23 mattina e li hanno divisi: 147 uomini a lavorare, tra
questi mio cugino, che aveva solo 16 anni... 147 uomini e 49 donne.
Tutti gli altri, 827, di cui, rabbrividite tutti quanti, 244 erano
bambini sotto i dieci anni, il 23 ottobre del 1943, dopo 6 giorni da
quando erano usciti dalle loro case, sono stati tutti passati per le
camere a gas poi per i forni crematori".
Ma aggiunge, ancora Alberta: "Quando mi chiamano nelle scuole e
trovo dei bambini piccoli quasi ho vergogna di raccontare quelle
cose, soffro, invece si deve sapere perché non debba più succedere".
(r.p.)