racconti e romanzi

Il mondo quell’estate di Robert Muller (Mondadori). Il farsi e il progredire della follia nazista in un romanzo per ragazzi.

...  ispirandosi agli anni della sua infanzia e alla vicende che coinvolsero lui e la sua famiglia, Muller, giornalista, scrittore, drammaturgo, scrive un romanzo coinvolgente, emozionante, ricco di personaggi e di atmosfere, che suggeriscono anche i motivi quotidiani del farsi e del progredire della follia nazista...

L’eco dei fasti germanici, alle Olimpiadi di Berlino dell'estate dell'anno 1936, giunge ad Amburgo, dove vive Hannes un ragazzino di 12 anni, in trepida attesa di quelle gloriose notizie.
Hannes frequenta il Real Ginnasio della città, luogo di formazione della borghesia ariana. E non potrebbe, senza la complicità del preside.
Hannes abita in un quartiere popolare e periferico, legge di preferenza Edgar Wallace, e al metodo dello scrittore si attiene nello spiare, scrutare e interpretare i comportamenti che lo inducono al sospetto. Circospezione e vigilanza sono d’obbligo per Hannes, addirittura una divisa, ancor più di quella della Jungvolk, che da qualche tempo indossa. Non uscire mai dal seminato, rimanere sempre in una zona grigia, non essere notato, praticare la massima prudenza. Questo gli è prescritto, e questo Hannes vuole fare. Anche se dovrebbe stare un po’ più attento a Rolf, e a tutta la banda di ragazzini che si riunisce al deposito dei tram. Attento a non tradirsi soprattutto il venerdì, quando ha appuntamento con sua nonna Rosa. Un passo falso e ...
In quell’estate del 1936, Hannes cresceva di nascosto. Fingeva su più fronti. Non sapendo bene dove stare e con chi stare.
Lui stava bene solo con Rosa, s’intendeva con la nonna, la madre di sua mamma. Le sere all’Opera o quei venerdì sul fiume -di giochi complici, fantasie, scambi, confidenze (chi siamo e da dove veniamo, nonna)- erano attesi e pretesi da Hannes. Un sollievo. Come stare un po’senza “divisa”. Quasi in libertà.
Non come a casa, con mamma eternamente in pianto, papà in ritiro, e la sorella Erika in amore. Non come al deposito dei tram o al campo della Gioventù hitleriana. E nemmeno con Georg – quell’uomo contro- con il quale s’era appostato al recinto della scuola ebraica.
Ovunque fosse, Hannes non riusciva a essere “interamente”. Certo gli piaceva partecipare al campo di addestramento; gli piacevano le gare e la riuscita, l’esaltazione che vi si respirava, il miraggio della gloria, l’ideale forte di immolarsi per la patria. Ma più di tutto gli piaceva entrare in possesso del pugnale. Meritarlo. Ma sapeva anche che stare da quella parte significava stare contro Rosa.
E lui non sarebbe potuto stare né di qua né di là. Erano tempi quelli in cui non c’era posto per gli ebrei e nemmeno per gli ebrei a metà. Come era per l’appunto Hannes. Per via della mamma e quindi dalla nonna.
Un punto di vista del tutto particolare quello di Robert Muller, autore e prestatore d’identità al protagonista del suo romanzo, Il mondo quell’estate. Infatti, ispirandosi agli anni della sua infanzia e alla vicende che coinvolsero lui e la sua famiglia, Muller, giornalista, scrittore, drammaturgo, scrive un romanzo coinvolgente, emozionante, ricco di personaggi e di atmosfere, che suggeriscono anche i motivi quotidiani del farsi e del progredire della follia nazista.
Nel raccontare i giorni dell’estate del 1936, permeati dell’inganno e del delirio della supremazia tedesca, esaltata anche nella riuscita olimpica, Muller adotta una visuale particolarmente efficace.
Rivive e fa rivivere attraverso il suo personaggio l’atroce misfatto operato dal nazionalsocialismo anche nelle coscienze. Soprattutto dei giovani. Invase dal fanatismo, convinte all’odio per il diverso, spronate alla caccia all’ebreo allo zingaro al comunista; spinte al sopruso, al delitto; snaturate nella propensione all’amicizia, pungolate a un’affermazione di sé oltre ogni limite, stracciando il diritto dei deboli, umiliando le altrui convinzioni, piegando a un’unica legge, producendo dei servi.
Nella vicenda di Hannes trova posto ciascuno di questi odiosi delitti, inflitti in una pagina splendida, di vera drammaticità umana e letteraria. Come quando Hannes stesso si trova coinvolto nella sopraffazione del debole, nel dare addosso all’ebreo, nel rinnegare le sue proprie origini, nel godere del dolore dell’altro, prima di arrivare all’urlo finale e allo strazio del suo proprio dolore.
Robert Muller chiude questa nuova edizione del suo romanzo, scritto tra il 1957 e il 1958, con una appendice. Una riflessione sulla “rimozione” della tragedia del ventesimo secolo, operata dal popolo tedesco per molto tempo, con il “.... rifiuto di riconoscere, affrontare, piangere l’assassinio sistematico di milioni di concittadini che non temeva e non odiava...”. Ma Robert Muller riflette soprattutto sulla sua personale Werdrängung : (“ ... non volevo che quei ricordi si perdessero, volevo rendere testimonianza di cosa significava per un ragazzo non-ariano vivere in uno stato nazista .... e cosa più importante, sentivo l’esigenza di raccontare il legame affettivo dei primi anni di vita che più teneramente serbo nella memoria: l’amore per la mia nonna ebrea. Era un amore proibito: un bambino tedesco “normale” non poteva avere una nonna ebrea, e tanto meno ammettere di amarla, se voleva sopravvivere”.

(recensione di Rosella Picech, Sfoglialibro/Biblioteche oggi, Marzo 2009)

Robert Muller, Il mondo quell’estate, traduzione di Gianna Guidoni, Mondadori “Junior Oro”, 2009, p. 269, € 15,00
 

 

 

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