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La fine del cerchio di Beatrice Masini (Fanucci, 2014, p. 155, € 12,00, da 12 anni).
Romanzo.
Proiezioni, metafore, che puntano dalla distopia narrata a un “mondo salvato dai ragazzini”.


C'è sempre qualcuno che li vede. Li segue. Li spia. E registra ogni cambiamento. Da fuori. Da lontano. Occhio che vede non visto. Testimone. Qualche volta pronto a un intervento.
Sia che si aggirino nel bosco seguendo immaginarie tracce lasciate dalle fiabe, sia che riscoprano il pianeta, pensando di esserne i fondatori. Bambini.
In un cerchio, in gruppo, in una squadra. Comunque in formazione. Nel senso detto e anche nell'altro senso.
Bambini accompagnati da vecchi. Sopravvissuti di un altro mondo che non c'è più ma che ha rilasciato testimonianze tangibili dell'esserci stato.

Nel suo laboratorio personale, Masini elabora teorie poetiche fantasticando sul mondo che verrà. Nella desolazione della catastrofe, nel dopo, alla ricerca della ricostruzione. Del ripopolamento. Con bambini nuovi, importati da un altrove.
Se in precedenza, con I bambini nel bosco, immaginava piccoli evasi da campi di concentramento, ignari del loro passato, delle radici di provenienza, inconsapevoli dell'esperimento compiuto sulla loro tenera pelle, in questo nuovo romanzo, utilizzando il passato, facendo tesoro della memoria, apre al futuro.
La speranza che s’accende, pur sempre all’interno dell'esperimento, sotto l’occhio vigile di un “grande fratello”, sarà sopravanzata dalla sorpresa della meraviglia dell'amore che tutto genera e ricrea.

La fine del cerchio è ripartito in tre grandi capitoli. Lo schema del gruppo guidato da un Vecchio, mentore e tutore fino al momento che precede l'autonomia delle creature che gli sono state affidate, si ripete con le varianti di ambiente e obiettivo stabilite dal computer e dal caso.
E' un luogo che ha conosciuto la dolcezza della vita nella pausa della vacanza, è l’Africa, evocatrice della comparsa del primo uomo, è la villa delle magnificenze del secolo dei Lumi: questi gli scenari che accolgono bambini analfabeti della parola, della scrittura, della vita, dell’amore, che tutto devono apprendere, imparare per una rifondazione del mondo.
Di pari passo con la progressione dei racconti sembra progredire un recupero di civiltà: dal primitivo balbettio di una nuova alfabetizzazione alla ritrovata fratellanza con altri esseri viventi, a una più piena maturazione.
A questo punto non servono più tutele. I bambini crescono e incontrano altri bambini. Del posto? C’erano già? Come loro o diversi da loro? Una mescolanza. Ricca di promesse, ricca di futuro.  Per il mondo nuovo che verrà.
Proiezioni, metafore, che puntano dalla distopia narrata a un “mondo salvato dai ragazzini”.

(di Rosella Picech, anticipazione della recensione che comparirà su LiBer n.106
)

   

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ALICE NEL PAESE DEI BAMBINI
ideazione, titoli e testi di Rosella Picech
realizzazione grafica di Lena Chiodaroli

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