

|
|
|
"Non
sei sbagliato: sei come sei”.
TREVOR
di James Lecesne (Rizzoli), adesso è romanzo.
“..
a tutti quelli che nella loro
vita vengono emarginati perché diversi”. La dedica non rimane fine a
se stessa, diventa fattiva, trasferendo in appendice al volume,
indicazioni, riferimenti e
indirizzi di quelli che potrebbero essere definiti
dei “Trevor Project” italiani.
TREVOR è diventato molte
cose. Nasce nel teatro, si trasferisce al cinema, diventa l'emblema
dell'adolescente che cerca se stesso, si fa servizio per ragazzi in
cerca d'identità.
Adesso è romanzo.
Il soggetto, su cui si fonda la storia, nel passaggio ai vari
contesti, muta necessariamente di linguaggio espressivo e di
finalità. Cosi facendo, si sperimenta, si traveste, si trasforma
attraverso una metamorfosi
progressiva, che assomiglia al percorso di avvicinamento a se
stesso, operata dal Trevor personaggio, ragazzo di tredici anni,
protagonista a teatro, al cinema, nel romanzo.
L'approdo alla pagina scritta, affidato alla suggestione della prima
persona come narrante, lo restituisce a una dimensione vicina alla
confidenza del diario. Ed è in questa scansione che seguiamo,
stazione per stazione, la via della passione di Trevor. Passione per
la vita, l'arte, il teatro. Come se fossero tutt'uno, quasi trovando
soluzione paradossale a un quesito mai risolto: è la vita che imita
l'arte o l'arte la vita?
Il racconto è filtrato da uno sguardo ironico e acuto, spesso
divertito. Sia che Trevor guardi a se stesso, ai genitori, ai
coetanei, Trevor “c'e sempre dentro”. A modo suo. Ed è quel modo che
lo allontanerà dagli altri. I passaggi sono capitoli precisi.
Alla festa di Halloween Trevor “diventa” Lady Gaga: l’amico di
sempre storce il naso, non è un po’ da gay?
Grande il successo nel ruolo di due dei personaggi principali del
musical di Cole Porter allestito a scuola: Trevor è un artista,
Trevor è un portento, canta, danza, recita: ma non sembra una cosa
da gay?
Ricercare , sperimentarsi.
Baciare Katie è provare a vedere l’effetto che fa, e non fa
quell’effetto. Non così con
Pinky, che a dispetto del nome è un fior di ragazzo, campione di
basket e, avvicinato, si
rivela anche sensibile: è l’amico che diventa l’amico del cuore: la
classe mormora, i compagni voltano le spalle, la mamma mette di
mezzo il prete, non si sa mai che con la chiesa possa succedere il
miracolo.
Trevor è gay o non è gay? A Trevor non importa. Lui “è” Trevor,
Trevor soltanto:
“ …. Tutti quelli che avevo attorno continuavano a ripetere che ero
gay. Se io lo sia davvero o no non conta. Il punto è un altro: è
sbagliato rendere pubblico l’orientamento sessuale degli altri, ed è
altrettanto sbagliato andarsene in giro a pretendere che qualcuno
renda pubblico il suo orientamento sessuale se lui/lei non se la
sente. Solo perché a uno disturba l’ambiguità e non sopporta
l’equivocità e/o la contraddizione, non vuole dire che tutti nel
mondo debbano comportarsi di conseguenza. Alcuni di noi preferiscono
rimanere un mistero – persino a se stessi – fino a quando non si
sentono pronti”.
Ma così non va. Lo dicono gli altri. Che lo scansano. Coetanei,
adolescenti spaventati dall’essere diversi, non vogliono avvicinare
Trevor: temono il contagio. O si sta di qua o si sta di là. Lo
dicono anche quelli del “movimento”, che lo incoraggiano a una
posizione. Trevor rimane solo. Braccato, deriso, ostacolato. Messo
nell’angolo. Senza remissione.
E si sa poi come va a finire.
Per fortuna, Trevor, coerente con il suo personaggio, prende le
aspirine…
Ma non tutti gli adolescenti come Trevor prendono le aspirine…
(di
Rosella Picech, Alicenelpaesedeibambini.it, Ottobre 2014)
|
|
|