Un vero teatro.
S’apre la scena principale: s’erge, sorge dalla pagina piatta.
A lato, scorre il racconto di Cenerentola. Manca il
sonoro. Ma potrebbe essere la voce di mamma o il pensiero
silenzioso e tutto privato del bambino che sa leggere da solo.
La parte della pagina riservata al testo, a mo’ di quinta
(alzatela, svolgetela!) nasconde altre realtà, che si palesano,
liberate, per poi oscurarsi di nuovo, quando la loro funzione è
esaurita.
Proprio come a teatro.
E come a teatro, sotto gli occhi stupiti del lettore, aperte le
quinte, si compiono le metamorfosi ordinate dalla
bacchetta magica della fata.
Il topo, che con una ardita piroetta cartotecnica si trasforma
in cocchiere, le lucertole in valletti... la zucca in carrozza.
E che carrozza! Il cocchio argentato della fantasia di ogni
Cenerentola è pronto, lì, davanti agli occhi.
Così come Cenerentola, in un abito sostenuto da molti cerchi-
sottogonne, oplà!, ad allargarsi in grandi festoni, come fosse
una enorme tavola principesca.
Così come la sala da ballo, dove i ballerini, compresa
Cenerentola e il suo principe, volteggiano su se stessi, grazie
ad accorgimenti meccanici, simili a quelli che animano le
figurine del carillon.
Così come il maestoso castello, che si fa contare nelle sue
innumerevoli torri, ostentando, in un primo piano, il re
benedicente le nozze del principe con Cenerentola.
Una vera festa, di ingegno e perizia. Peccato quell’ iconografia
un po’ di maniera.
Mattew Reinhart, Cenerentola - libro pop-up,
Mondadori, 2006, p.14, € 25,00 |