.... Signore e signori, ecco il fumetto
Passati
i tempi, quei tempi grami, quando si diceva metti via il fumetto, leggi
il libro. Quante infanzie di nascosto, libro sopra, fumetto sotto, ad
occultare alla vigilanza adulta le segrete gioie procurate da eroi incompresi,
superata la soglia dell'età. Passati davvero da un bel pezzo,
se si sta a guardare ciò che succede oggi.
Siamo al capovolgimento pedagogico, al sovvertimento delle norme che
per molto tempo hanno governato il vademecum del perfetto genitore e
dell'insegnante egregio. Siamo, sì, lo dobbiamo dire, se non
all'istigazione, perlomeno alla iniziazione.
E' Fabbri che apre la campagna per acculturare al genere minore, spregiato,
tollerato, e ormai asceso a glorie e vanti inimmaginabili. L'editore
aveva il suo piano pronto, e ora lo disvela, con le uscite in libreria
di serie e di collane: "Peanuts gang", "Ecco la banda
dei Peanuts" ( pubblicato per la prima volta da Harper Collins
Publisher Inc.); "I miei primi fumetti", "I miei fumetti"
(rispettivamente la serie di "Camillo e Clara", la serie di
"Bibo e Tania", entrambe da Père Castor Flammarion).
Una copertura completa? per ora la destinazione d'età, e del
conseguente livello statistico di comprensione, si deducono dalla complessità
delle storie illustrate e scritte messe in campo; omessa ogni indicazione
editoriale, a maggior gloria e maggior riuscita dell'impresa.
Graduale l'approccio, singolari le scelte.
Charlie Brown, Linus, Lucy, Snoopy e soci (Torno a casa presto,
Snoopy, La mia amica coperta, Solo io non prendo stelline,
Tutti qui i biscotti!) entrano in libreria ciascuno con l'onor
di copertina, in volumetti quadrotti (circa 20x20), di poche pagine
(32), ciascuna pagina a reclamare il formato grande della scena, proprio
come fosse pagina di un albo illustrato, che così nasce e si
propone. Quasi ad addomesticare il fumetto, quasi a inserirlo in un
panorama noto.
Dai libretti, dalla apparente sconfessione editoriale della loro origine
di comics, derivano delle implicazioni. Intanto sui temi, che a differenza
di quello che succede nelle strisce, qui emergono con l'evidenza del
disegno grande, scontornato: l'abbandono, la dipendenza, l'insuccesso
scolastico, la golosità; e sui significati: infatti anche se
le storie della "Peanuts gang" sono le stesse che hanno abituato
noi adulti alle finezze di discorso di Charles M. Schulz, così
ricontestualizzate, sembrano accentuare alcuni aspetti infantili, di
vicinanza ai bambini, che si smarrivano nell'altra destinazione.
Affidati invece all'essenzialità del balloon, i dialoghi minimi
degli abitanti del bosco. I castori in primo piano, ad esaltare la forma
del fumetto che, nella serie "Camillo e Clara", ha tutto l'agio
di indicare le sue numerevoli fortune. Di non perdersi in molte chiacchiere,
di dispiegarsi per immagini, di essere immediatamente recepita, nel
racconto che si va dipanando attraverso le sue "nuvole". Di
valorizzare il dialogo. La forma diretta trova in questo luogo la sua
celebrazione, relegando quasi all'invisibilità la nota di una
voce fuori campo: "il mattino seguente", "Durante la
notte la neve ricopre l'albero…", "Nel frattempo, Camillo
e i suoi amici…". E' la temporalità introdotta nelle sue
scansioni, in un presente dialogico che sembra non finire mai.
I racconti, i primi due della serie, che si fregia di un'ulteriore specificazione
di collana "I miei primi fumetti", mettono in successione
storie di vita semplice, vita di castori.
Con Camillo il castoro si parte dalla fondazione, dall'origine della
famiglia di cui si narrano le gesta e anche della serie alle sue prime
battute. Come nella migliore delle tradizioni, il castoro giovane lascia
la casa, per cercarne una propria e metter su famiglia.. In questo caso,
nel caso da noi trattato, malvolentieri. Camillo è riottoso al
matrimonio, vuole prima vedere il mondo, scoprire l'avventura, ma non
ha fatto i conti con l'arte di sedurre della castorina. Il senso del
racconto è vieto, mutuato da una tradizione umana che vuole la
femmina decisiva nei destini del maschio. Ma la sua rappresentazione,
testuale e illustrata, è lieve, giocosa, tessuta di immagini
e fantasie infantili.
Più avventuroso, movimentato, emozionante, La tempesta di
neve. Siamo alle birichinate, alle malefatte della generazione successiva.
Camillo e Clara, nel passaggio da un albo a un altro, hanno messo al
mondo i loro figli che, in combriccola, ora s'allontanano da casa per
andare a incontrar la neve. Ed eccola la neve, nella notte buia rischiarata
dai suoi fiocchi. Gioca, corri, esaltati castoro, è la prima
volta che il bosco si offre a te in quell'immacolato manto. E così
nell'ebbrezza della prima volta, gli animaletti smarriscono la via.
Disorientati, raggelati, trovano rifugio presso due topini gentili.
All'indomani, in marcia, a una a una tutte le stazioni colorate del
loro peregrinare senza bussola. Là, a casa, Clara è trepida;
Camillo mobilita gli amici per il ritrovamento dei suoi figli discoli.
I quali, di quadro in quadro, di fumetto in fumetto, passano in rassegna
alcuni luoghi cari alla tradizione narrativa dell'infanzia
Nel fumetto intitolato Il fantasma del castello, Bibo e Tania
(della serie omonima, che si caratterizza con immediatezza per un target
superiore rispetto alla serie precedente) si avventurano nella loro
storia, introducendoci, contestualmente, nel luogo prediletto del romanzo
per ragazzi. Là, dove da sempre si celebrano l'avventura e il
mistero, prima o poi disvelato. Di mezzo, ci sono sempre saloni magnificenti
e polverosi, scalee, androni, resi meno tetri, in questo caso, da pennellate
di colore che incoraggiano l'ardire degli esploratori, ne alimentano
la curiosità del procedere fino alla camera dei giochi. Veri
tesori radunati, lì, in quel posto, quasi soffitta violata nel
suo lungo segreto. Ma non è il classico fantasma che popolava
i romanzi d'antan la soluzione dell'enigma, sebbene un più moderno
e plausibile motivo. Ragazzi con ragazzi a condividere segreti di amicizia
e di giochi celati agli adulti.
Da notare la progressione, che porta, di serie in serie, a scoprire
il fumetto, attraverso i generi narrativi più frequentati da
bambini e ragazzi. Dai celebri Peanuts, riconvertiti e proposti nella
veste di bambini per i bambini, nel formato di racconto illustrato,
alla "favola", rappresentata nel bosco dai protagonisti castori,
al "romanzo" che con Bibo e Tania, esalta la sua forma eccentrica.
Altro il discorso da farsi su "La banda di Popo", serie di
Salani, che richiama il fumetto a molte delle sue implicazioni, con
il teatro per bambini, con i cartoni del cinema di animazione, e sì,
perché no?, con le sue innovazioni narrative.
Lavori in corso, è il terzo volumetto della serie, ideata e realizzata
da Agostino Traini, che porta all'onore della ribalta un altro caso
occorso alla banda capeggiata da Popo. Gli attori della commedia di
Traini ( La banda di Popo e il tesoro, La banda di Popo vola
in vacanza, i precedenti) si ravvisano, subito e ogni volta, attraverso
la presentazione della loro "carta di identità", corredata
di "fotografia" e di note caratteristiche, che stabiliscono
immediatamente fisionomie, ruoli, gerarchie, sul risvolto della prima
di copertina. Ecco i protagonisti: "Popo è il capo della
banda", l'unico il cui referente in natura rimanga un mistero;
"Ettore è l'asino del gruppo"; "Trippa è
decisamente un felino"; "Serafino è l'animale utile,
un animale polifunzionale" (sembra proprio un serpente); "Anita
è una papera muta".
Sono animali e dalla tradizione della favola mutuano la possibilità
di agire come uomini. Ma qui, in queste storie, fanno i bambini, e dall'infanzia
attingono candore, convincimenti fantasiosi, senso dell' avventura che
intriga e diverte esclusivamente loro, mettendo nei pasticci gli altri.
Come succede sistematicamente, e anche questa volta, dove uno zelo malinteso,
la buona azione dello scout, vengono rappresentati in molteplici varianti,
con esiti da comica finale. E' "la settimana del lavoro e della
solidarietà…" e i nostri si buttano. Prestano servizio volontario,
da nessuno voluto, da nessuno richiesto, in una officina, sull'autostrada,
in un frutteto, intervenendo sempre da bisonti nel negozio di cristallerie.
I risultati sono scontati ma non da loro veduti, di qui il convincimento
del buon agire che li porta a perpetuare disastri.
Del fumetto, l'opera di Traini enfatizza la vignetta, escludendo il
balloon. Insiste sul dialogo, esclusiva parte del discorso, (spostato
in basso, fuori campo), sostituendo il soggetto nominale di turno con
l'effigie che lo rappresenta. Ribadisce quindi la scelta di una forma
narrativa che privilegia l'illustrazione, fornendola di testo minimo,
quel testo indispensabile solo perché non siamo ancora al sonoro
dell'immagine che nasce sulla carta, non siamo al cinema. Eppure le
battute di ogni attore hanno una propria voce, un'inflessione distintiva
che proviene dal carattere impresso dall'illustrazione. Che è
di segno colto, ironico, giocoso, riempito di colore vivo, a ben distinguere
un personaggio dall'altro: Popo è rosso, Ettore è grigio,
Trippa è arancione, Serafino è verde, Anita è bianca,
con il becco ovviamente giallo. (r.p.)
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